Cosa sono
I tumori dell’orofaringe sono tumori che originano nei tessuti dell’orofaringe, la porzione di faringe che corrisponde alla parte posteriore della gola. La faringe è un condotto cavo lungo circa 12 cm, che, da dietro il naso, scorre fino al collo per continuare nell’esofago, il condotto che termina nello stomaco. Aria e cibo passano attraverso la faringe verso la trachea o l’esofago. L’orofaringe comprende il palato molle, che è la parte posteriore della bocca, la base della lingua e le tonsille. I tumori dell’orofaringe insorgono comunemente nelle cellule che rivestono l’orofaringe.
Quanto sono diffusi
Negli Stati Uniti, nel 2018, sono stati attesi > 17 500 nuovi casi di cancro orofaringeo. Sebbene l'incidenza di cancro orofaringeo sia in aumento, i suoi tassi di guarigione sono in via di innalzamento. Il rapporto uomo:donna è > 2,7:1. Il papillomavirus umano di tipo 16 causa il 60% dei tumori orofaringei e i pazienti sono diventati più giovani (età media 57 anni e picchi bimodali a 30 anni e 55 anni) poiché l'infezione da papillomavirus umano è emersa come eziologia.
Chi rischia
Il numero di partner sessuali e la frequenza del sesso orale sono fattori di rischio importanti. Il rischio di sviluppare il cancro orofaringeo è 16 volte superiore nei pazienti positivi al papillomavirus umano. In Europa e Nord America, l'infezione da papillomavirus umano giustifica circa il 70-80% dei tumori orofaringei. Come per la maggior parte dei tumori della testa e del collo, il cancro orofaringeo non correlato al papillomavirus umano è più comune tra gli uomini di età più avanzata, con un'età media di 61 anni. Il tabacco e l'alcol restano importanti fattori di rischio per il cancro orofaringeo. I pazienti che fumano più di 1,5 pacchetti/die hanno un rischio di cancro circa 3 volte maggiore, e coloro che assumono 4 o più bicchieri di bevande alcoliche al giorno hanno circa un rischio 7 volte maggiore. Le persone che bevono e fumano molto hanno un rischio 30 volte più elevato di sviluppare il cancro dell’esofago.
Differenti tipologie
Le tonsille, che fanno parte del sistema linfatico, sono colpite dai tumori tipici di questo tipo di tessuto (linfomi), che hanno un decorso e una prognosi diversa, in genere più favorevole, rispetto a quella dei tumori epiteliali. Il carcinoma a cellule squamose comprende oltre il 95% dei tumori orofaringei.
Sintomi
I sintomi del tumore orofaringeo variano a seconda del sito interessato, ma in genere i pazienti presentano: mal di gola, disfagia, odinofagia, difficoltà di articolazione ed otalgia. Una massa a livello del collo, spesso cistica, è un sintomo di presentazione comune dei pazienti con tumore orofaringeo. Poiché i sintomi del sono simili a quelli delle comuni infezioni del tratto respiratorio superiore, spesso ci vogliono molti mesi prima che i pazienti si rivolgano a uno specialista otorinolaringoiatra.
Prevenzione
La partita della prevenzione dei tumori orofaringei si gioca dunque lungo tre direttrici: l'astensione da fumo e alcol e la vaccinazione contro l'Hpv. Piccole forme tumorali in queste sedi di solito non producono sintomi specifici, per questo, la diagnosi di solito giunge quando la neoformazione ha dimensioni piuttosto grandi. Grazie a visite di screening è possibile identificare precocemente le lesioni, anche in assenza di sintomi. La diagnosi precoce rende più probabile che i trattamenti siano efficaci.
Diagnosi
In questo casi è fondamentale una rapida valutazione specialistica otorino coadiuvata da un’indagine endoscopica chiamata fibroscopia e associata, in caso di sospetto, a indagini radiologiche come: risonanza magnetica (RM) del massiccio facciale e collo con e senza mezzo di contrasto (mdc), seguita, se necessario, da tomografia ad emissione di positroni (PET). La diagnosi di tumore deve essere confermato da una biopsia della sede d’origine o, se non possibile, da una biopsia del linfonodo sospetto con aggiunta di ricerca del virus HBV o della proteina p16 nel tumore.
Evoluzione
I fattori principali che influenzano l’evoluzione sono:
– la grandezza del tumore (T);
– le dimensioni e il numero dei linfonodi coinvolti (N) il tipo di carcinoma;
– presenza o meno di HPV e p16;
– numero di sigarette fumate al giorno;
– per quanti anni si è fumato.
La prognosi per il tumore all’orofaringe è migliore per i tumori più piccoli, con minore o assente coinvolgimento dei linfonodi, senza interessamento degli organi a distanti, dove la sopravvivenza a 5 anni dopo il trattamento con radioterapia o chirurgia va dal 70-80%. Per gli stadi più avanzati lo stato di HPV e/o p16, il numero di sigarette fumate al giorno e per quanto tempo acquistano un’importanza prognostica fondamentale permettendo di suddividere il rischio in 3 categorie: basso, intermedio e alto dove i pazienti a basso rischio hanno una probabilità di sopravvivenza a 5 anni del 90%, a fronte del 70% per i pazienti con tumore a rischio intermedio e 35% a rischio alto. Inoltre, tra i pazienti affetti da tumore correlato ad HPV, gli stadi iniziali (T1-3N0-2b) trattati con chemio e radioterapia, sembrerebbero essere a miglior prognosi, con una sopravvivenza a 5 anni del 82%, rispetto agli stadi più avanzati, che si dividono tra rischio intermedio, con una sopravvivenza a 5 anni del 76% (T1-3N0-2b) e alto, con sopravvivenza a 5 anni del 54% (T4 e/o N3). Dal 1988 al 2004 i casi di tumore legati all’infezione da HPV si sono più che triplicati, ed è stato calcolato che nel 2030 saliranno al 50%.
Terapia
Il trattamento degli stadi iniziali del cancro all’orofaringe è di sola radioterapia o sola chirurgia. Chirurgia transorale, Laser o Robotica per il tumore orofaringeo Per tumori di piccole dimensioni che coinvolgono le tonsille e la parte più posteriore della lingua (baselingua) eventualmente con minimo coinvolgimento linfonodale (stadio T1-2 N0 oppure T1 N1), è possibile proporre una chirurgia a minore invasività, attraverso la bocca (transorale), laser o robotica sempre associata all’exeresi differita dei linfonodi del collo; per malattie più grandi sono invece necessari interventi chirurgici più demolitivi con il rischio di importanti conseguenze sulla deglutizione e sulla capacità di parlare. Il trattamento delle neoplasie più avanzate, ad eccezione dei casi con metastasi a distanza, prevede in prima battuta l’utilizzo di protocolli di radio-chemioterapia concomitante, riservando l’intervento chirurgico ai casi di recidiva di malattia (chirurgia di salvataggio). Chirurgia di salvataggio Di tutt’altro impatto per il paziente è la chirurgia di salvataggio dopo fallimento di protocolli di preservazione d’organo, ossia nella recidiva dopo iniziale radiochemioterapia. Questi interventi chirurgici di recupero risultano infatti estremamente invasivi, poiché prevedono la rimozione del tumore residuo mediante mandibulotomia (sezione temporanea della mandibola), la rimozione dei linfonodi del collo, la tracheotomia temporanea e la contestuale ricostruzione della breccia chirurgica (cioè della perdita di tessuto malato) con lembi liberi rivascolarizzati o penducolati, ossia mediante il trasferimento di tessuto da altri distretti corporei. Chirurgia ricostruttiva La chirurgia ricostruttiva permette di ripristinare la funzione d’organo mediante il trapianto di tessuti prelevati da altri distretti corporei (es cute della coscia, cute dell’avambraccio). Questo tipo di chirurgia, estremamente complessa, permette di raggiungere risultati funzionali ed estetici notevoli se paragonata agli interventi del passato; possiamo infatti ricostruire parte della lingua, della orofaringe, del palato mediante tessuti trapiantati, mantenendo una funzione d’organo accettabile. I lembi liberi ricostruttivi sono veri e propri trapianti di tessuto cutaneo e muscolare che vengono rivascolarizzati mediante anastomosi vascolare (unione tra una arteria ed una vena propri con una vena ed arteria del collo). Quelli più utilizzati nella chirurgia demolitiva orofaringea sono il lembo radiale di cute di avambraccio ed il lembo anterolaterale di coscia, quest’ultimo con esiti estetici migliori sul sito donatore. Necessariamente questa chirurgia è gravata da degenze post operatorie ben più lunghe (10-20 giorni) e richiede una nutrizione tramite sondino naso gastrico per circa 10 giorni, prima di ritornare ad una alimentazione con cibi semisolidi e solo più tardivamente solidi morbidi. Poiché il paziente apre con difficoltà la bocca, la tracheotomia deve essere mantenuta per circa due settimane; essa infatti permette una rapida intubazione tracheale in caso di re-intervento in urgenza. È utile inoltre nella prevenzione delle complicanze della disfagia che inizialmente tutti i pazienti presentano, poiché facilita la broncoaspirazione, ossia l’aspirazione di secrezioni tracheali dalla cannula tracheostomica. Complicanze post chirurgiche possibili riguardano la necrosi (non vitalità) del lembo in caso di trombosi dell’anastomosi vascolare, con necessità di riposizionare chirurgicamente un nuovo lembo. Altre complicanze sono il trisma parziale, il linfedema del collo (gonfiore), inestetismi cicatriziali del collo e la disfagia permanente con necessità di posizionamento di PEG (gastrostomia percutanea), vale a dire un tubicino che dalla pancia va nello stomaco per permettere di alimentarsi, che viene posizionato in anestesia locale chirurgicamente su guida endoscopica. Per malattia localmente avanzata è necessario un approccio combinato di chemio e radioterapia concomitanti oppure, per casi selezionati di chemioterapia seguita da radio-chemioterapia concomitante con l’obiettivo di raggiungere una guarigione. Per casi selezionati si può prendere in considerazione la reirradiazione (vedi sezioni dedicate a “Radioterapia”), o la chirurgia di salvataggio (vedi sezioni dedicate a “Chirurgia”). Per le forme avanzate l’obiettivo è la cronicizzazione della malattia mediante l’impiego di chemioterapia, possibilmente associata a terapia biologica, e, in seconda battuta, per pazienti in buone condizioni generali, di immunoterapia come da recente approvazione, oppure di ulteriore chemioterapia. Ai suddetti trattamenti viene eventualmente associata radioterapia delle sedi sintomatiche o a rischio di sanguinamento/frattura e la chirurgia delle singole metastasi.
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